CARCERI: RIMINI, DUE TENTATIVI DI SUICIDIO IN MENO DI UN’ORA

Cronaca Nazionale  30 agosto 2017
CARCERI: RIMINI, DUE TENTATIVI DI SUICIDIO IN MENO DI UN’ORA

CODACONS: COSÌ COM’È IL CARCERE NON FUNZIONA, NON RIEDUCA E NON DÀ SICUREZZA AI CITTADINI. SISTEMA PENITENZIARIO INUMANO TENDE A “CREARE” CRIMINALI. NECESSARIO TUTELARE DIGNITÀ E DIRITTI FONDAMENTALI

Di fronte agli ultimi due tentativi di suicidio all’interno di una prigione italiana non si può che aprire un confronto sul sistema penitenziario italiano: sistema che, a prescindere dall’impegno di agenti e operatori, decisamente non funziona.

Il Codacons, che nel 2013 si era rivolto al Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti di Strasburgo proprio per questo motivo, denuncia: la condizione dei detenuti è ancora inaccettabile. Mentre continua la crescita dei detenuti, in alcune carceri si torna a scendere sotto lo spazio minimo previsto di 3 mq per persona; senza dire che mancano le docce, gli educatori, i servizi sanitari. Mancano poi le misure alternative: basta pensare che 1 detenuto su 4 deve scontare una pena residua inferiore ai tre anni e dunque potrebbero accedere a una misura alternativa, se non ci fossero paletti normativi e ostruzioni varie. Soprattutto, manca il lavoro: il principale strumento per evitare che, una volta usciti di prigione, i detenuti tornino a delinquere.

Il triste bilancio dei detenuti che si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno (35) non è l’unico dato che conta: bisogna pensare che a ogni morte per suicidio corrispondono diversi tentativi vanificati. Questo scenario drammatico rappresenta alla perfezione la condizione delle nostre carceri: in questo modo non si scommette sul recupero e il reinserimento ma si contribuisce a “creare” la criminalità, come dimostrato dal tasso di recidiva.

Il nostro sistema penitenziario ha delle difficoltà a evitare che i detenuti, una volta rilasciati, tornino a delinquere”, dichiara il Presidente Carlo Rienzi. “Da un sistema vetusto e solo punitivo è ora di passare a un “nuovo carcere”, fondato su diritti fondamentali e reinserimento sociale autentico. Anche perché ne guadagniamo tutti: la nostra incapacità di abbassare il tasso di recidiva ci costa tra i tre e i quattro miliardi l’anno, oltre a produrre insicurezza sociale”, conclude.

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